Deterrenza nucleare e mantenimento della pace
La deterrenza nucleare è tornata ad
interessare l’opinione pubblica dell’Occidente a seguito della guerra in
Ucraina in cui la Federazione russa ha minacciato di attivare il dispositivo
delle proprie armi nucleari per conseguire gli obiettivi che si prefigge. Detto
apparato militare è stato predisposto durante la “guerra fredda” per realizzare
l’equilibrio di potenza tra le democrazie occidentali e il mondo comunista. Dopo
la caduta del muro di Berlino, le armi nucleari non hanno più suscitato nei
cittadini europei l’attenzione del periodo precedente, in quanto esse dovevano
in parte essere smantellate o ridotte secondo accordi internazionali, a cura di
organi specifici delle grandi potenze. In tale contesto alcuni Paesi della NATO
e dell’ex Patto di Varsavia, tra cui Ucraina e Bielorussia, hanno chiesto di
distruggere i dispositivi sul proprio territorio o di trasferirli negli
arsenali delle potenze di provenienza (Federazione russa o USA) che a tutt’oggi
li detengono a scopo di deterrenza.
La deterrenza ha particolare importanza in
ambito militare. Secondo il dizionario Treccani, essa consiste nel potere di distogliere da un’azione
dannosa per timore di una punizione o di una rappresaglia. Essa comporta
quindi, anche in tempo di pace, la
predisposizione di misure credibili volte a controbattere efficacemente
l’avversario in caso di attacco (deterrenza punitiva) o a impedire il conseguimento
di alcuni suoi obiettivi (deterrenza per negazione). In altre parole si tratta di
una dimostrazione di forza, volta a scoraggiare il nemico, (così come il
gorilla si batte il petto per allontanare eventuali aggressori/intrusi dal suo
habitat). Il principio trova la sua validità finché le parti mantengono un
comportamento "razionale", basato sul calcolo costi-benefici, in modo
che i rispettivi potenziali militari rimangano sotto il reciproco controllo. A
consolidare la deterrenza concorrono anche gli scopi che i contendenti si prefiggono.
Infatti, nel caso in cui l'interesse di una parte nel raggiungere un
determinato obiettivo sia superiore a quello di un’altra, la deterrenza basata
sulla supremazia dei mezzi può anche non bastare. Ad avvalorare questa tesi
basta considerare, tra tanti esempi, la guerra nel Vietnam. In tale conflitto
il potenziale statunitense era enorme rispetto a quello dei vietnamiti. Ma ciò
non portò la grande potenza al successo, in quanto le azioni poste in atto dai
vietcong, per difendere il proprio Paese dall’occupazione, determinarono a
lungo andare il ritiro delle forze statunitensi.
In particolare si osserva che, la minaccia d’impiegare
ordigni nucleari per salvaguardare l’esistenza della propria nazione, rappresenta
una deterrenza credibile e quindi efficace. Per questo oggi alcuni Stati, pur
non disponendo di ordigni nucleari, beneficiano dell’ombrello protettivo di
altre potenze, realizzando una deterrenza “estesa” che è diventata un pilastro
centrale dell'ordine internazionale. Infatti, molti Paesi della NATO e della
regione Asia-Pacifico (Giappone, Corea del Sud e Australia) godono della
protezione nucleare degli Stati Uniti. Ciò è possibile per la differente
capacità delle testate e dei mezzi disponibili (aerei, navi, sottomarini,
missili, ecc..) e in quanto essi possono facilmente essere ricollocati.
Il complesso equilibrio basato sulle armi
nucleari, ereditato dalla guerra fredda, è stato mantenuto nel tempo con
diversi accordi, nell’ottica di ridurre sempre più il numero di ordigni. Il
principale di questi è stato il TNP (Trattato di non proliferazione nucleare,
al quale aderivano USA, Russia, Cina, Francia e Regno Unito e non ne facevano
parte India, Pakistan e Corea del Nord) ed altri, che comportano altre misure,
tra cui ad esempio la limitazione di test atomici. Attualmente è ancora in
vigore l’accordo bilaterale New Start, sulla riduzione delle testate
nucleari (evoluzione dello Start: Strategic Arms Reduction Treaty),
firmato a Praga nel 2010, tra i Presidenti Usa e della Federazione russa. Questo
accordo è stato rinnovato fino al 2026, ma recentemente il Presidente della
Federazione ha dichiarato di volerlo sospendere, facendo ancora una volta
paventare la prospettiva di una nuova corsa agli armamenti e di un possibile conflitto
nucleare. In effetti, come detto, negli arsenali rimangono diverse testate nucleari.
Da evidenziare quelle trasportate da vettori a lungo raggio (missili a lunga
gittata, sommergibili e i bombardieri) che si stima per la Russia nel numero di
2.668 e di 2.126 e per gli Usa. Nell’intendimento di ridurre questi strumenti
bellici, dopo la guerra fredda, il Governo americano ha impiegato la maggior
parte degli investimenti per bonificare le scorie radioattive, in diversi
Paesi, Russia e Stati Uniti compresi. Infatti, gli Stati Uniti spendono per il
nucleare militare l’incredibile somma di 35,4 miliardi di dollari l’anno e
possiedono complessivamente meno ordigni della Russia (5.800 testate secondo la
National Nuclear Security Administration, contro 6.370 e una spesa
annuale di 8,5 miliardi di dollari).
Ora cosa ci si può aspettare, di fronte alla
situazione descritta e al conflitto in Ucraina, tenendo conto del cambiamento
degli equilibri tra le maggiori potenze, in un mondo multipolare?
È da chiedersi, innanzitutto, se la tendenza
post-guerra fredda a diminuire la deterrenza nucleare e a considerare le armi nucleari
principalmente nel contesto del disarmo sia ancora in linea con l'attuale
panorama della sicurezza mondiale, tenendo conto delle minacce della Russia,
così come del rischio che nuove potenze nucleari emergano in Medio Oriente e in
alcune parti dell'Asia. D’altro lato, nel conflitto in Ucraina la Russia ha
fornito un esempio chiaro di guerra ibrida, attuando una serie di misure (rapida
concentrazione di forze regolari al confine, impiego di forze speciali senza
insegne, sostegno ai separatisti nell'Ucraina orientale, aumento del prezzo del
gas e supporto di una massiccia campagna di propaganda) che mirano a creare
ambiguità e rendono difficile il processo decisionale dell’avversario. La
deterrenza, in questo caso, non basta per scoraggiare eventuali azioni nemiche,
ma questa tipologia di conflitto richiede anche altri mezzi: una maggiore
resilienza delle reti informatiche e l’ampliamento dei sistemi di comunicazione,
in modo da correggere rapidamente le false informazioni diffuse, la
diversificazione delle forniture energetiche, l’implementazione sul territorio
delle operazioni di intelligence, ecc. La minaccia delle autorità russe,
più o meno esplicita, di usare il nucleare in risposta al sostegno occidentale a
Kyiv, non ha finora trovato credito nei Paesi NATO e ha accelerato, invece, i
processi di adesione all’Alleanza della Finlandia e della Svezia.
Del resto gli Stati Uniti, fulcro della
deterrenza occidentale e consapevoli di agire come garanti dell'ordine globale,
hanno risposto insieme agli alleati della NATO con estrema cautela all’allerta
nucleare russa, pur continuando a sostenere militarmente Kyiv. Certo la
percezione del “rischio” nucleare è aumentata tra le opinioni pubbliche
dell’Occidente, dopo un lungo periodo di pace che lo aveva allontanato. Gli USA
hanno minacciato “conseguenze catastrofiche” nel caso in cui Mosca decida di utilizzare
questo strumento, ma, per sventarne il rischio, rimane fondamentale la coesione
occidentale che rappresenta di gran lunga l’arma di dissuasione più efficace,
per mantenere a livello globale e avviare, nel conflitto in Ucraina, una
prospettiva di pace.
Commenti
Posta un commento
posta un commento