La forza della democrazia e della libertà
Nel
riflettere su quanto accade in Ucraina torna in mente il capolavoro di Lev Tolstoj,
“Guerra e pace”, in cui attraverso alcuni personaggi storici, lo Zar Alessandro
I e Napoleone Bonaparte, costretti a lasciare ingloriosamente il soglio del
potere, egli desidera sconfessare l’ideologia romantica della guerra e far
risaltare la fragilità e l’importanza dei valori umani. L’autore, tra l’altro,
nelle sue pagine memorabili fa trasparire un importante aspetto: “La storia non
è fatta dai grandi condottieri (Napoleone è descritto come un condottiero
vanitoso, buon stratega, colpevole di credere d’essere l’artefice del proprio
destino, come un bambino che sopra a una carrozza si crede d’essere il
conducente), ma da gruppi di persone di varia estrazione, guerrieri, nobili,
umili, generosi, ricchi, sognatori che nel loro insieme costituiscono un popolo
“.
In
particolare nel romanzo Tolstoj, testimone della disastrosa campagna di
Sebastopoli per l’Impero russo, si sforza di esprimere il desiderio di riscatto
storico e patriottico della madre patria, facendo emergere il carattere
popolare della lotta contro Napoleone, dopo l’umiliante sconfitta in Crimea (conflitto
combattuto dal 4 ottobre 1853 al 1º febbraio 1856 dall’Impero zarista, contro
un’alleanza composta da Impero ottomano, Francia, Regno Unito e Regno di
Sardegna).
Le
pagine emblematiche del romanzo si collegano sotto alcuni aspetti agli
avvenimenti attuali in Ucraina. I cittadini di uno Stato sovrano stanno subendo
un’invasione militare, ordinata, al di fuori di ogni norma del diritto
internazionale, da un leader temerario, rancoroso e privo di umanità, quasi per
un dovere messianico di riscrivere la storia a vantaggio del proprio Paese. Con
le armi si vogliono cancellare le decisioni adottate a Yalta (Crimea, 1945)) ad
opera dei vincitori del secondo conflitto mondiale e nei trattati seguiti alla dissoluzione
dell’URSS, nel dicembre 1991. A giustificazione dell’aggressione nel cuore
d’Europa, si afferma che l’Occidente ha accerchiato e minaccia la sicurezza della
Russia, mediante l’allargamento della NATO e dell’UE sino ai suoi confini. Alcuni,
anche in Europa, avvalorano questa tesi, seguendo una narrazione mediatica che
attribuisce l’origine di ogni conflitto, specie dopo la caduta del muro di
Berlino, agli USA, all’UE, alla NATO (che è un’alleanza politica e militare a
scopo difensivo) e ai suoi alleati. Se pur è opinabile l’intervento in Iraq, da
parte di una coalizione internazionale, dapprima per deporre il dittatore
Saddam Hussein ed ora per combattere l’ISIS, l’operazione militare in Ucraina è
esecrabile in quanto ha lo scopo di esautorare un leader democraticamente eletto
(73% dei voti), allo scopo di espandere il proprio impero ai danni di un popolo
che difende la propria terra e la libertà. Del resto i conflitti in Giorgia, in
Cecenia, in Afghanistan, l’occupazione del Donbas e l’annessione della Crimea non
possono certo essere addebitati all’atteggiamento aggressivo dell’Occidente, il
quale probabilmente ha commesso qualche errore nelle relazioni con la Russia. Per
maggior chiarezza, ritengo necessario ripercorrere alcuni passi fondamentali
dei rapporti UE/NATO/Organizzazioni internazionali/Russia.
Nel
1991, dalla dissoluzione dell’URSS sono nate 15 Repubbliche indipendenti, fra
le quali l’Ucraina, prima che la NATO e l’UE iniziassero il loro allargamento a
est. Nel 1997 il G7 si trasformò in G8 per includere la Russia nel consesso dei
Paesi più industrializzati del mondo. Solo nel 1999 la Polonia entrò nella NATO,
mentre i Paesi Baltici e la Romania seguirono nel 2004. Nel 1994 la NATO iniziò
il programma “Partnership for peace (PfP)” per avvicinare all’Alleanza molte
Repubbliche ex sovietiche; in particolare, tra queste entrarono nel PfP la
Russia, l’Ucraina e la Bielorussia. Il miglioramento delle relazioni tra i vari
Partners consentì, nel 2002, nella base militare italiana di Pratica di Mare di
concludere uno storico accordo tra Russia e NATO, al fine di rafforzare la reciproca
collaborazione in materia di sicurezza e lotta al terrorismo. Nel summit di Roma,
dello stesso anno, fu stabilito il Consiglio NATO-Russia (NRC), il quale doveva
riunirsi una/due volte all’anno, a livello di Ministri degli esteri, per rinsaldare
la reciproca collaborazione in ambito sicurezza, tra cui il controllo degli
armamenti, compresi quelli nucleari. Insomma, si riteneva che nel 21° secolo il
periodo della “guerra fredda” fosse realmente concluso. Ma nella conferenza di
Monaco, del 2007, il leader russo cambiò atteggiamento: accusò Washington di
voler imporre i propri standard militari ad altre nazioni, per minacciare la
Russia mediante l’installazione di scudi missilistici. Nel 2008, dopo aver imputato
agli USA di voler alimentare i conflitti globali attraverso l’uso unilaterale
della forza, il Cremlino autorizzò l’invasione della Georgia e, nel 2014, l’annessione
della Crimea e il sostegno militare per l’indipendenza dall’Ucraina delle
Repubbliche del Donbas. In realtà, detta annessione avvenne come conseguenza
della “rivoluzione arancione” di piazza Maidan a Kiev (gennaio 2014) che portò
alla caduta, a fuor di popolo, del Presidente ucraino filorusso Yanukovich. Di fronte a queste decisioni unilaterali, prese
al di fuori del diritto internazionale e degli equilibri stabiliti nei
precedenti accordi, il mondo occidentale ha reagito con sanzioni economiche e
cambiando il quadro di collaborazione con la Russia. Ma cosa ha mutato così radicalmente i rapporti
di Mosca con il mondo occidentale e con l’Ucraina, per determinare la sua
invasione? Non è stata certo l’aggressione manifestata dalla NATO e dall’Europa
nei confronti della Russia, come la propaganda di regime vuole far intendere. Il
leader della Russia ha avvertito la minaccia di congiure esterne, quando ha appreso
di perdere consensi all’interno del suo sistema di potere e di non essere in
grado di conseguire gli obiettivi che si era prefissato. Di fatto, egli non è
riuscito a modernizzare il suo Paese, nonostante un importante rafforzamento
militare che gli ha consentito di raggiungere successi in politica estera, mediante
l’impiego dei suoi soldati nei principali conflitti, dal Medioriente
all’Africa. Egli ha consolidato in modo autarchico l’economia russa, a fronte
di una diffusa globalizzazione, preparandosi da anni a resistere alle eventuali
sanzioni derivanti dalla Comunità internazionale per le sue avventure militari.
Quest’ultime, peraltro, sono state possibili a causa della debolezza del mondo
occidentale, diviso tra Stati Uniti ed Europa, favorita anche da alcuni partiti
politici simpatizzanti con il Cremlino e dall’alternanza di leadership poco
incisive nei principali Paesi. Ad esempio, va sottolineato come le politiche energetiche
europee non abbiano tenuto conto della possibilità di ricatto e della
dipendenza che potevano derivare dall’affidarsi prevalentemente alle fonti energetiche
della Russia. Rimane anche il dubbio che, ignorando la storia, l’Occidente abbia
creduto per anni che la Russia, nata dalla dissoluzione dell’URSS, potesse
diventare un Paese democratico, cancellando la sua aspirazione zarista, volta a
dominare il vecchio continente e ad allargare il suo impero e la propria sfera
d’influenza. L’Ucraina, invece, diventata indipendente, ha cercato di
scrollarsi di dosso il suo passato comunista, imposto dal regime sovietico
degli anni trenta (tre milioni di morti) e di liberarsi dai tentativi di Mosca
d’imporre il suo protettorato. Pertanto
questo Paese, recentemente, ha cercato di avvicinarsi al mondo occidentale stabilendo
al suo interno un Governo il più possibile democratico, aiutato dai flussi di
denaro proveniente dai suoi emigranti che negli altri Paesi d’Europa hanno
trovato accoglienza e lavoro, assaporando il valore della libertà. Questo
tentativo di affrancarsi dal passato, altamente contagioso per i popoli della
“grande Russia”, è ritenuto intollerabile dall’oligarchia dominante russa, in
quanto può far traballare tutto il suo sistema di potere. Il padrone del
Cremlino, ossessionato dal mantenimento delle sue funzioni (una recente
modifica della Costituzione gli consente di rivestire la carica di Presidente
sino al 2036), non ha tenuto conto nemmeno degli insegnamenti derivanti dalla “grande
guerra patriottica” e degli elementi di novità che Gorbaciov aveva
introdotto con la glasnost (trasparenza della comunicazione) e la perestroika
(instaurazione dello stato di diritto). Attualmente, purtroppo, il popolo
russo è sottoposto alla disinformazione, alle leggi ferree e autarchiche del
regime per non essere contaminato dal sistema di vita occidentale. Ma come
insegna Tolstoj il vento della modernità, della libertà, della democrazia non
può essere fermato da uno zar, il quale prima o poi è destinato a cedere il
potere nell’apoteosi del suo ego, travolto dalle rivendicazioni del suo popolo che
desidera vivere pacificamente come nel resto del mondo libero.
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