La speranza nel futuro
All’inizio del 1990, ha fatto molto clamore
un libro pubblicato dal maestro sconosciuto di Arzano (NA), Marcello D’Orta,
nel quale egli raccoglieva alcuni temi, scritti con il linguaggio peculiare e autentico
dei propri alunni, nei quali traspariva la povera realtà sociale del luogo.
Questi bimbi, pur rassegnati e tristi nella loro condizione di indigenza,
raccontavano con sgrammaticature, distorsioni e ilarità quanto spiegato dal
maestro, nascondendo tra le righe un forte desiderio di riscatto, la voglia di giungere
presto ad un futuro più gratificante della realtà in cui si trovavano. In
questo periodo di pandemia, sicuramente anche noi, qualche volta, ci siamo fatti
coraggio ripetendo la frase più significativa di quel libro, “Io speriamo che
me la cavo”, avvalorando la saggezza manifestata inconsciamente da quei ragazzi
nei loro temi, il cui significato esplicito si sostanzia nella speranza di una
sorte migliore, in futuro.
La speranza (unita alla fede e alla carità) è uno dei cardini
della teologia cristiana e, come si sa, è l’ultimo sentimento a morire. Essa,
pertanto, non è assimilabile a formule generiche come: ”andrà tutto bene”,
volte ad esorcizzare un presente inaspettato e sgradito, ma rappresenta una presa
di coscienza, impegnativa e coraggiosa, verso una realtà ancora da costruire attraverso
l’esperienza del passato e sulla base dell’attuale situazione. Ciò è quanto
avrebbe bisogno la nostra società in questi tempi pieni di incertezza. Invece,
siamo invasi da una concretezza fasulla di numeri e previsioni labili, specie
sulla lotta contro il virus che ha cambiato la nostra esistenza. Si mira giustamente
al vaccino che salverà la vita: qualcuno afferma che esso è già pronto in
Russia, ma altri temono che questo non sia sufficientemente testato. Si ritiene
allora più sicuro aspettare quello in sperimentazione in Inghilterra, che
potrebbe essere distribuito a fine anno, o meglio, tra un anno o forse due. I
giovani, sempre citati come pieni di belle speranze, non si curano della
pandemia, preferiscono divertirsi oggi, poi domani si vedrà. Gli adulti che
gestiscono questo eterno presente, senza una limpida visione di futuro, ben si
guardano d’ invocare la speranza per non essere considerati imbelli. I più
anziani sono i soli attaccati alla speranza, per cercare di sopravvivere. La
speranza non può nascere dall’incertezza, essa si erge su solide fondamenta
precedentemente costruite.
Questo tema è stato affrontato anche nel meeting di Rimini, costatando
che il nichilismo (disconoscimento dei valori tradizionali, per favorire la
nascita di altri inesistenti), frutto velenoso del passato, ha attecchito
maggiormente con lo sviluppo della pandemia, alimentando nuove forme di
opinione come i negazionisti e i “no vax”.
Resta il fatto, tuttavia, che il virus non dà tregua e al momento lascia
pochi spiragli all’ottimismo. Il mondo intero da marzo è sottoposto a un test
di resistenza che ha rivelato i limiti delle strutture sanitarie, economiche e,
soprattutto, quelle culturali e di opinione. La quarantena, senza volerlo, ha posto
le nostre certezze davanti al tribunale esigente della vita, davanti all’evidenza
inappellabile del presente, lasciando aperta una questione scottante: in quale modo si può alimentare la speranza
nel futuro? Don Giulio Carron, attuale guida di C.L., dopo una profonda analisi
è giunto alla conclusione che “tutto dipende dal punto di appoggio che c’è nel
presente, da ciò che possiamo cogliere ora, per restare in piedi”.
“La società non può accettare un mondo senza
speranza”, ha affermato Mario Draghi, in apertura del meeting e, nel proseguo,
ha sottolineato che “la partecipazione alla società del futuro richiederà, ai
giovani di oggi, ancor più grandi capacità di discernimento e di adattamento”. In
conclusione, appare opportuna, innanzitutto, un’indagine precisa e pubblica
sulle ragioni di quanto accade oggi, in quanto queste, una volta definite, ci
faranno guardare in modo diverso al futuro. Ma occorre, in particolare, sostenere
l’arricchimento culturale, una preparazione più accurata delle giovani
generazioni, rivolta a colmare i vuoti
di una società edonistica, del profitto e dei consumi, per rispondere alle sue
necessità di cambiamento strutturale, al fine di cogliere quelle opportunità
che fanno ben sperare per l’avvenire.
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