L'insicurezza: il malessere di una società in continuo cambiamento
L’insicurezza che colpisce sempre più la nostra società è il risultato
di paure derivanti dalla psiche delle persone o da cause esterne insite
nell’ambiente ove si vive, in un mondo in continua trasformazione. Ogni individuo
ha le sue fragilità, le sue paure (paura di un serpente, del buio, dell’acqua, di
guidare, ecc..), derivanti dall’eredità
genetica, dall’educazione ricevuta sin dai primi anni di vita o dall’esperienze
affrontate nel corso dell’esistenza. Qualora
alcune paure coinvolgano la collettività, vale a dire la famiglia, la città, il
Paese di appartenenza, per il
determinarsi di specifiche condizioni di rischio (terremoto, terrorismo, malattie,
ecc.), il vivere comune diviene incerto e difficile. E’ utile considerare, altresì,
che l’insicurezza percepita in situazioni particolari, da alcune persone, non sempre
rappresenta la situazione di rischio effettivamente esistente. Ad esempio la
paura di prendere l’aereo o le reazioni della folla di fronte ad un evento
improvviso, sono comportamenti che
esulano da ogni canone di razionalità.
L’insicurezza che si avverte nella nostra società deriva, oltre che
dalle paure dei singoli individui, da molte situazioni in atto o incombenti a
livello più ampio, continentali o mondiali, che deteriorano la comune
sopravvivenza. A titolo esemplificativo si possono citare, tra queste, la
minaccia nucleare, il terrorismo, l’inquinamento atmosferico, gli squilibri del
mercato e demografici, i fenomeni naturali, le migrazioni di popoli in cerca di
migliori condizioni di vita, ecc.. In particolare, quest’ultimo evento ha caratterizzato
i processi storici del passato, anche del nostro Paese che, oggi, per la sua collocazione geografica è soggetto a
detto fenomeno. L’arrivo sul suolo patrio di altri esseri umani è percepito
come un attacco a tutto ciò che ci appartiene (le tradizioni, il benessere, la
cultura, ecc..), sia che essi giungano dall’Africa, dai Paesi asiatici, dai
Balcani o dal Medioriente. L’incontro con popoli, di altre culture, religioni, ecc..
ci dà un senso di insicurezza perché ci costringe ad aprire la fortezza del
nostro piccolo mondo. Chi è vissuto all’estero in contesti multietnici, ha già
incontrato e vissuto tale sensazione nei rapporti con gli altri. Tuttavia, riflettendo, ci si rende conto che, alla
fine, nonostante molte diversità, gli
esseri umani hanno in comune la capacità di ragionare, comprendere e adattarsi
a nuove realtà, così come il desiderio di
felicità. In generale, gli spostamenti di popoli sulla terra, alla
ricerca di migliori condizioni di vita, avvengono, quando non provocati
esplicitamente da regimi autoritari (per attuare la pulizia etnica), a causa di
tante situazioni di sottosviluppo, indigenza, crisi politiche e guerre. E’ noto
che la specie umana sul nostro pianeta, sin
dalle sue origini, è andata alla ricerca di nuovi territori per soddisfare le
aumentate esigenze di vita e di sviluppo. L’Homo Sapiens è partito dalle savane
africane dell’Etiopia, per giungere con lunghissime migrazioni in Asia, in
Australia e addirittura in America attraversando lo stretto di Bering. Se i
nostri progenitori non si fossero avventurati verso terre lontane e inesplorate
forse, come i Neanderthal, non saremo qui a raccontare la loro storia. Certo questi
fenomeni ci rendono insicuri, sospettosi
verso coloro che entrano nel nostro
territorio abituale, specie quando manifestano comportamenti imprevisti, non
convenzionali. Appare ovvio che le migrazioni debbano essere regolamentate al
più alto livello possibile, per far sì
che esse non diventino un business
ignobile nelle mani di pochi.
Tuttavia, occorre evidenziare che
l’aumentato senso d’insicurezza che oggi si avverte nelle relazioni con gli
altri è frutto, principalmente, di una società globalizzata, liquida, ove i riferimenti
temporali e spaziali del passato, delle tradizioni e delle piccole comunità di
appartenenza, si sono disgregati a favore di più larghe e incontrollabili
organizzazioni impersonali (i social networks, i grandi aggregati urbani, le
organizzazioni internazionali). In queste strutture le persone sono anonime, non si riconoscono, vivono
insicure e sole, piene di paure per il futuro, per sé e i propri familiari.
Come, allora, aumentare la percezione della propria sicurezza? Lo psicologo
americano Erik Erikson afferma che la ricerca della sicurezza porta a
riaffermare la propria identità, attraverso cui è possibile controllare l’ansia
e la paura. A ben considerare, l’appartenenza ad una comunità, a una Nazione, ecc.. ci può dare, attraverso i rispettivi
leader, un più concreto senso di sicurezza in un mondo indefinito, in continuo cambiamento. Ma i leader hanno la responsabilità di creare,
con misure appropriate, tale positiva percezione, senza far leva sulle paure
endemiche tipiche dell’attuale società, tenendo conto dell’evoluzione continua delle
comunità che rappresentano e dei mutamenti che
avvengono all’esterno, anche per effetto della globalizzazione che condiziona ogni situazione terrena, come i movimenti delle acque del mare influiscono sulla navigazione di una nave.
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