Spes ultima dea
E’
capitato a tutti nella vita di trovarsi di fronte a situazioni di gravi difficoltà, difficilmente
risolvibili con le proprie forze, che mettono seriamente a repentaglio la
propria esistenza e quella dei familiari. Spesso esse sono originate da cause incontrollabili, come il verificarsi
improvviso di un evento naturale (terremoto), di un incidente, di una malattia,
ecc... Esistono altresì condizioni di vita insopportabili, non dipendenti dalla
volontà delle persone (povertà, crisi politiche, conflitti, ecc.) che spingono gli
interessati alla fuga per poter sopravvivere. In tutti questi casi, solitamente
ci si affida ai soccorsi, alle cure, al
buon cuore dei propri simili e alle organizzazioni preposte; ciò nonostante, ad
alcuni non resta che affidarsi all’aiuto del Buon Dio. Nell’animo umano resta sempre
viva, comunque, la speranza di
superare ciò che pregiudica la propria vita. La forza di lottare, anche
interiore, si fa via via più consistente quando si intravvede uno spiraglio positivo alle proprie
difficoltà.

Come
risponde il mondo civile e libero alla speranza di questa umanità ferita? Le
Organizzazioni internazionali preposte
si riuniscono a consulto, si convocano summit tra i Capi di Stato, i Governi e
l’Europa danno vita a missioni umanitarie, si stanziano fiumi di denaro per
fronteggiare l’emergenza ed evitare altre vittime. Si parla di accoglienza e di
respingimenti allo stesso tempo. Ci si organizza per separare chi ha diritto
all’asilo e chi cerca solo altre opportunità di vita. Si studia come limitare i flussi. Nonostante l’esistenza di
una Comunità Europea, ogni Stato si comporta in modo differente, secondo
proprie valutazioni e convenienze. Chi accoglie, chi innalza muri alle
frontiere, chi ammassa i disperati sui treni o sui bus per avviarli verso il
cortile altrui, chi limita l’accoglienza a poche migliaia di persone, chi cerca
di allontanare gli intrusi dal proprio territorio.
Ma
i viaggi della speranza continuano, l’onda umana si rinforza, sceglie nuove
rotte, avanza. Supera deserti,
attraversa mari in burrasca, scavalca montagne. Abbatte
frontiere, muri, reticolati… Privazioni, stenti, fatiche, malattie, eserciti, non impediscono di proseguire. Non teme
rappresaglie, torture, perdita di familiari
ed amici…avanza, avanza, con la forza della disperazione. Il pensiero
guida è uno solo: meglio la morte inseguendo la speranza di una vita migliore
che vivere in un mondo disumano e ostile.
Di
fronte a tanta determinazione e sofferenza si rimane attoniti e confusi. Siamo
tutti consapevoli che i problemi sono complessi e di non immediata e facile
soluzione. Ma l’uomo con il suo ingegno non è ancora riuscito a fermare l’onda
di piena di un piccolo torrente, quando
la pioggia ingrossa il suo flusso. Dall’alto della collina scorre al piano
travolgendo ogni ostacolo posto lungo il suo corso, infiltrandosi in ogni
spazio utile o deviando per nuovi
percorsi, fino a giungere alla sua naturale destinazione.
Così
i migranti trovano nuovi modi per fuggire e nuove rotte per giungere alla loro terra promessa. La
rotta balcanica è rimasta dimenticata per anni, benchè da decenni sia attiva per il traffico
di esseri umani; ora è balzata improvvisamente
all’attenzione del mondo per il numero dei disperati che la percorrono.
Secondo
molti sociologi che da anni studiano i fenomeni migratori (vedasi Ferrarotti,
Sylos Labini, Sciortino, Federici, Golini, ecc.. per
citarne qualcuno), i flussi migratori sono legati strettamente alle dinamiche
sociali del mondo contemporaneo, ove i popoli in difficoltà ( povertà, crisi
politiche, ecc.), a causa anche della globalizzazione, si spostano in altri
luoghi per poter sopravvivere o migliorare la loro vita. Il fenomeno migratorio,
presente sin dalla nascita dell’uomo sulla terra, è ancora in pieno svolgimento;
esso, pertanto, non può essere
considerato una emergenza che si dissolverà all’apparire dell’arcobaleno. Esso
dovrà essere governato, con misure appropriate, nell’ambito di una strategia
internazionale condivisa dal maggior numero di Stati, per evitare, da un lato, lo
sfruttamento dei migranti e cogliere, dall’altro,
le opportunità derivanti dalla loro integrazione nei Paesi di arrivo. Come
l’acqua per effetto della gravità scorre dall’alto verso il basso, i popoli più
poveri, provenienti dalle aree sottosviluppate e rischiose, continueranno a bussare
alla porta dei Paesi più progrediti, sorretti
dalla speranza (spes ultima dea) di
iniziare una vita migliore.
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