FRAGILITA' e INTERDIPENDENZA della nostra società

In un’opera intitolata “La società del rischio”, scritta negli anni Ottanta del secolo scorso, dal sociologo tedesco, Ulrich Beck, si afferma che la società attuale, quale conseguenza dell’alto livello tecnologico raggiunto, genera inevitabilmente rischi legati al carattere complesso e difficilmente controllabile delle tecnologie stesse. La modernità della nostra società  sprigiona forze distruttive che ci costringono a riflettere su questa   nuova fase della storia umana.
Considerando le problematiche scaturite dall’attuale coronavirus, le tesi dell’illustre sociologo, appaiono quanto mai attuali. 
In verità, alcune minacce del  nostro tempo (attentati terroristici, crisi finanziarie, disastri ecologici, mutamenti climatici, proliferazione di virus letali) hanno sempre caratterizzato l’evoluzione della specie umana. Fin dalla sua comparsa sulla terra, l’uomo ha dovuto affrontare situazioni di crisi che hanno messo a repentaglio la sua stessa sopravvivenza. Tuttavia, i rischi e i pericoli di oggi si distinguono essenzialmente da quelli del passato per la loro natura globale e per il fatto che essi derivano spesso dal forte sviluppo conseguito, in ogni settore,  dalla società avanzata. Essi, inoltre, sono amplificati da comportamenti umani errati, a cui i singoli individui non sono in grado di sottrarsi. 
E’ indubbio che il contagio al coronavirus si sia sviluppato in modo inaspettato, trovando la comunità scientifica completamente sprovveduta, senza alcun antidoto efficace. L’incertezza delle sue conseguenze preoccupa la popolazione mondiale, infonde paure ataviche e fa riflettere sui valori fondamentali della vita e della morte. In una società, tanto avanzata da considerarsi  invulnerabile, la realtà della morte, bandita dalla cultura corrente, riappare più viva che mai  a sconvolgere le nostre comunità. L’alibi che la sofferenza e la malattia riguardi sempre gli altri, magari perché più malandati o avanti d’età, ad un  tratto  scompare. Rimane l’insicurezza, l’ansia e la paura per il domani. Le morti “non sospette” che quotidianamente si verificano nel mondo, non fanno clamore, restano ristrette nella vita privata del nucleo famigliare del defunto. Per risvegliare nella collettività la coscienza della sua fragilità, basta un virus “straniero”, in grado di sconvolgere la quotidianità di tutti. Ma tale evento può anche risvegliare la determinazione e il coraggio necessari per reagire alla situazione di crisi e attivare le conoscenze e le misure idonee per sconfiggerlo. La necessità induce la scienza alle scoperte epocali, la società a sviluppare il senso di unità e di collaborazione, ad accorgersi che oltre alla propria individualità esistono gli altri con i quali, voglia o non voglia, occorre cooperare e condividere le difficoltà. 
Nel bene e nel male, il mondo contemporaneo è sempre più interconnesso e interdipendente. Le sfide attuali non consentono di isolarsi. Tutti devono assumersi la reciproca responsabilità di affrontarle nel  modo più efficace. La collaborazione internazionale, specie quella scientifica, è fondamentale per debellare il virus che oggi affligge l’umanità. Così nella società globalizzata, i vari attori, la Comunità internazionale, lo Stato, le sue istituzioni, il mondo politico svolgono insieme un ruolo essenziale per la sicurezza e la salute dei propri cittadini.
Le minacce che incombono sulla vita di ognuno, nel mondo, generano una condivisa esperienza di vulnerabilità e una conseguente presa di responsabilità nei confronti del prossimo. Forse soltanto realizzando il progetto di una comunità globale che sappia riconoscere e legarsi all’altro, anche nei momenti più difficili e rischiosi, è possibile uscire dallo stato di paura e sviluppare una nuova forma di cooperazione che garantisca una ragionevole sopravvivenza a tutti e preservi l’umanità dall’insuccesso, nelle sfide  che verranno.

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